Biografia
Figlia artistica delle avanguardie storiche, Adriana Pullio nasce a Luino nel 1943, in provincia di Varese sulla sponda orientale del lago Maggiore. Dopo pochi anni si trasferisce con la famiglia a Milano nel 1953.
Diplomata all’Accademia di Belle Arti di Brera, presso la cattedra di pittura di Mauro Reggiani nel 1967, ha insegnato disegno e storia dell’arte, e ha collaborato con studi di architettura tra cui quello di Piero Bottoni. Personaggio dai molti interessi, in comune con la nostra artista, che non la sola urbanistica in un intenso rapporto con le arti che lo portano alla Triennale, e tra i protagonisti del Razionalismo.
Fuori dai rituali mondani dell’arte, ha frequentato l’ambiente culturale dei Navigli, e ha conosciuto Giovanni Campus e Mario Nigro, che aderì al Movimento Arte Concreta di Gillo Dorfles, seguendo la via dell’astrattismo. Poi anche Fontana e Minguzzi, che per un periodo ha avuto il suo laboratorio nel suo stesso palazzo a Milano, tutti proiettati in un panorama internazionale. Ed è questa la Milano di quegli anni in cui ha avuto la fortuna di esserci, anche nei luoghi d’arte che erano più d’incontro, di ritrovo, lontani dall’attuale “mercato” contemporaneo, in quel tempo di là da venire. Luoghi che sono entrati nella storia dell’arte, come la “Galleria Blu”, la “Vismara”, “Il Milione”, con il gruppo degli astrattisti: Soldati, Rho, Radice, Reggiani, Bogliardi e Ghiringhelli, e che portò in Italia Georges Rouault e Kandinsky.
Giovanissima, dunque, ha vissuto la forte diatriba tra astrattismo e realismo figurativo, in contrasto con l’informale e con l’astrattismo geometrico; una contrapposizione che diventerà gerarchica e identificherà la frattura fra due culture, figurativa e astratta, in due ideologie e purtroppo in due esperienze politiche, con distinte gallerie.
Nelle sue opere resta nei mezzi espressivi e nel fondamento dell’astrattismo geometrico che sono la linea e il colore, e come forma il rettangolo che non ha l’ambiguità della curva, tanto che il centro nelle sue tele è ovunque mentre il perimetro circolare da nessuna parte. Perché in ogni punto si può trovare qualcosa di coinvolgente, nell’uso dei colori primari: giallo, blu, rosso.
Assembla linee in cui non è più individuabile un riferimento imitativo, nell’azzeramento della figura e nel tentativo – riuscito – di dare immagini mediate dalla prospettiva del colore, e dal rapporto che intercorre con il piano, tra spazio e profilo, come per un caleidoscopio da cui trarre quell’ispirazione che fu apripista ai più innovativi gruppi artistici del secondo Novecento. Lo fa per empatia, nell’essere artista che è la sua stessa esistenza. E ne rappresenta l’indipendenza e al contempo l’accessibilità per crescere in un panorama europeo e non solo, e allontanarsi sempre più da assetti negativi, guardando alla sperimentazione di quanti sentivano l’urgenza – alcuni il dovere – di attuare quel nuovo tipo di arte, tra entusiasmi pittorici e provocazioni, oppure semplificazioni quale l’ordine della geometria.
Alcuni di questi artisti sono stati più vicini, e hanno avuto un ruolo importante nella sua vita. Tra questi: Mauro Reggiani e Mario Radice (cui ha dedicato la sua tesi). Soprattutto con Reggiani, in collaborazione tra stima e amicizia, avendo dal 1967 e fino alla sua morte nel 1980, condiviso il suo studio in Via Solferino a Milano, e anche quello di Albissola Marina in Liguria,
Inizia come artista totale, tra disegni, chine, incisioni, pitture, sculture. Dipinge a olio ed è attratta dalla calcografia, con primi lavori all’acquaforte, che nel 1968 espone nel Palazzo Pretorio di Arezzo nella collettiva: “Italia bianco e nero”, con i premiati Giorgio Bompadre, uno dei più importanti maestri dell’incisione, con Marino Marini e Renzo Vespignani. Non solo. Inizialmente ha praticato anche la scultura e con buoni risultati se nel 1962 riceve, nell’ambito del “Premio Avezzano” assegnato a Remo Brindisi, il “Premio Marsica” per l’opera: “Testa di fanciulla”.
In questa Milano d’avanguardie traccia la sua strada, certa che per gli artisti e per l’arte la componente dell’estro è soltanto quella sostenuta dalla cultura, pur in eventi non scevri da condizionamenti e legami politici, sociali e intellettuali, che erano alla base dell’attività creativa negli anni centrali del Novecento, e per lei foriera di evoluzioni cui non era estranea un’economia difficile per molti. Tanto che a quel tempo si dava molta importanza negli ambienti di “sinistra” all’appellativo “sociale”, che comunque ha praticato e ha ripreso nella disponibilità a partecipare a progetti solidali. Tant’è che nel 2013 partecipa a una collettiva a “L’Arsenale” di Iseo per “L’arte sostiene la cultura” in aiuto all’attività della Fondazione stessa; così pure l’anno dopo per il Rotary Club Franciacorta al fine di un’asta benefica. Poi tra poche mostre per scelta, e pochi incontri pubblici, per una ritrosia alla banalizzazione di proposte votate al mercato ormai deviato al brutto e all’inutile, ecco una sua importante personale a Milano alla “Galleria Ciovasso” in ottobre del 2008, in contemporanea con la mostra alla “Galleria Blu”, di Guido Biasi, esponente del Movimento Arte Nucleare insieme a Baj e Dangelo. E le mostre presso lo Studio A&A di Iseo, 2010, e alla “Galleria Scoglio di Quarto” di Milano nel 2017.
Vive il colore, connesso a una luce atmosferica, come necessità per aggettivare un proprio linguaggio creativo che instancabilmente modula in rapporti con la sua stessa vita, che la porta, ad esempio, a lasciare Milano per alcuni giorni ogni settimana e vivere a Iseo, sulle sponde del lago che ospita il suo studio e che – dice – le offre la dimensione giusta per il suo dipingere. Inesauribile nella carica artistica che intreccia attraversamenti sapienziali in proiezioni contemporanee della storia dell’arte e dell’estetica come sensibilità, che hanno corroborato i suoi studi, in circostanze e situazioni che ha saputo cogliere nel corso di anni pregni di stimoli e progressivi moltiplicatori filologici come per delle stagioni da fissare sulle tele.
Oggi pone un’istanza artistica che iscrive il valore etico nella cultura e non nel mercato, allo slancio del fare più che all’isteria del déjà vu, al piacere di momenti dedicati piuttosto che alla fretta di una produzione scadente. Perché il mondo in crisi in cui viviamo ha messo in difficoltà anche l’artista, e la società dei consumi tende a perdere la grammatica del turbamento, quella ricerca anche estetica, che invece propone.
Hanno scritto: Andrea Barretta, Arianna Baldoni, Giorgio Bonomi, Domenico Cara, Giampietro Guiotto, Bianca Martinelli.
Bibliografia
- “Adriana Pullio”, catalogo Galleria Ciovasso di Milano, ottobre 2008, pp. 50
- “Adriana Pullio”, catalogo Galleria Scoglio di Quarto, Milano, febbraio 2017, pp. 50
- “L’infinito nelle geometrie di Adriana Pullio”, a cura e di Andrea Barretta, ed ab/arte, Brescia, aprile 2018, pp 108, presente nella biblioteca del Metropolitan Museum di New York.