Biografia
Salvatore Manenti nasce a Vobarno nel 1948. Terminata la formazione tecnica professionale, frequenta i corsi di pittura di AAB nella storica sede di Via Gramsci a Brescia. Nel 1975 sposa Francesca Soncini con la quale si trasferisce in Africa centrale. L’impatto con la nuova realtà è molto forte e coinvolgente, dipinge con entusiasmo il grandioso e primordiale paesaggio africano e la colorita umanità che lo abita esponendo le sue opere a Salò, dove si trasferisce nel 1977.
Nel 1978 segue il forte richiamo del Continente africano stabilendosi con moglie e figlio nello Zaire Congo Belga. A Kinshasa frequenta il mondo dell’Accademia delle Belle Arti dove l’arte tribale incontra le nuove culture portate dall’Europa.
Dopo otto anni trascorsi in Africa centrale, nel 1983 Salvatore Manenti e Francesca Soncini iniziano insieme la loro avventura nel mondo dell’arte, fondando la Casa d’Arte Francesca Soncini, con sede a Rezzato, unendo così vicinanza alla città e apertura al percorso stradale verso il lago.
Con la crisi del 2009 nasce il ritirno “esterno” e la nascita della Casa d’Arte come appendice della propria abitazione, nelle alture che circondano il lago di Garda.
Partecipa a numerose fiere d’arte, da Milano a Verona, a Bologna, a Brescia.
È in questa fase che Salvatore decide di cambiare genere di pittura, recupera mentalmente e visivamente il proprio percorso, giungendo ad elaborare una pittura nuova, spontanea e tuttavia connessa alle regole artistiche che si è dato per tutta la vita: dipingere non solo ciò che vede, ma ciò che sente.
La sua produzione trnsita dal figurativo verso l’espressionaismo, con forme e figure ormai vicine all’astrazione, all’informare.
“La ricerca continua” afferma l’artista “e mi diverto pure”.
Critica di Massimo Tedeschi
La passione e la dedizione di Salvatore Manenti per la pittura vengono da lontano: da quando, bambino, tornava a casa da scuola con le mani imbrattate e impastate di colore. Da quando frequentava i corsi di pittura organizzati dall’azienda Falck di Vobarno, dove lavorava il padre, e poi presso l’Accademia di Belle arti di Kinshasa, e ancora le lezioni presso l’Associazione Artisti Bresciani tenute da Saleri, Decca, Schinetti, Angelini.
Può sembrare strano dirlo di un artista di 70 anni (peraltro dissimulati da un piglio giovanile e da un entusiasmo creativo che possono fare invidia a molti ragazzi) eppure l’arte di Manenti sembra giunta a un nuovo bivio: quello che comporta il distacco dai rassicuranti percorsi figurativi e il cammino su sentieri più avventurosi che portano verso l’astrazione, verso una cifra stilistica più personale e originale, verso un’impaginazione dei colori sciolta e gestuale. Un ritorno alle origini, in fondo, visto che molte delle opere degli ultimi mesi ricalcano disegni giovanili di Manenti, intrisi della lezione e delle suggestioni di Kandinsky.
Manenti, che ama scrivere, ha tratteggiato una breve autobiografia intitolandola “Ho rinunciato”. Molte infatti le occasioni in cui ha detto no a proposte lavorative che l’avrebbero portato lontano dalla tavolozza, o a soluzioni che avrebbero limitato la sua libertà. Il guadagno che Manenti ha tratto da tanti rifiuti si misura in una libertà espressiva e di ricerca sempre pronta a imboccare nuovi percorsi. Manenti ama anche leggere, e nel suo studio ha appuntato alcune frasi di scrittori e pittori famosi che parlano d’arte. Una di Eugène Delacroix, recita: “La prima virtù di un dipinto è di essere una festa per gli occhi”.
Sembra fatta su misura per l’arte di Manenti. Quella di ieri, quella di oggi.